Mi sembra utile segnalare il lavoro di revisione della patologia placentare in gravide affette da COVID-19 pubblicato da Schwartz DA e Morotti D: Placental Pathology of COVID-19 with and without Fetal and Neonatal Infection: Trophoblast Necrosis and Chronic Histiocytic Intervillositis ad Risk Factors for Transplacental Transmission of SARS-CoV-2: Viruses 2020; 12, 1308: doi: 10:3390/v12111308.
Dalla lettura della review si evince come in realtà la trasmissione materno-fetale del virus sia un evento molto raro, a partire dalle poche segnalazioni esistenti. L’incremento delle cellule infiammatorie materne negli spazi intervillosi sembra l’elemento più importante come prova del rischio di trasmissione virale. La riferita necrosi del trofoblasto villare non è, a mio giudizio osservando le foto pubblicate, differenziabile dal normale processo di regressione del trofoblasto sui villi principali.
Su questi argomenti vorrei sottolineare come il giudizio sulla trasmissione materno-fetale del virus sia estremamente difficile. Man mano che si abbassa l’età della popolazione in studio aumentano i casi di falsa negatività ai tamponi. In una revisione europea di casi di adolescenti con lesioni cutanee da COVID-19 (Andina et al, Clin Exp Dermatol, 2020) la percentuale di ragazzi positivi al tampone naso-faringeo è risultato dell’11%! Quindi, a mio parere è possibile pensare che molti neonati da madri infette possano portare il virus senza manifestazioni cliniche e senza positività al tampone. Per questo credo che da un punto di vista pratico, ma soprattutto da un punto di vista speculativo, sia importante studiare le placente delle gravide positive al COVID.
Noi abbiamo studiato più di 80 placente consecutive in queste condizioni, in cui non è stato registrato nessun neonato positivo o con sintomi particolari. Abbiamo notato un incremento della fibrina intervillosa, casi di trombosi dei vasi materni e/o fetali, focolai di deciduite talora con necrosi. Tutto ciò mi pare possa essere correlato con l’attività lesiva del virus sugli endoteli materni e fetali e sull’interfaccia tra madre e feto.
Lo studio immunoistochimico mostra una costante positività, oltre che nei tessuti materni anche nel trofoblasto villare. L’aver trovato nel trofoblasto alcune formazioni ultrastrutturali suggestive per particelle virali mi fa pensare che questa sia effettivamente una barriera naturale tra sangue materno e sangue fetale. Quanto questa barriera sia efficace è un problema tutto da dimostrare proprio per la difficoltà di dimostrazione dell’infezione nei neonati.
Sarebbe utile aprire una conversazione fra noi e sentire il vostro parere sulle problematiche che l’attualità ci porta.
Grazie a tutti,
Leonardo Resta