La Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica, Sezione Italiana della International Academy of Pathology (Siapec-IAP) – visti i tre articoli a firma Simona Ravizza pubblicati sul Corriere della Sera dei giorni 5, 6 e 7 Luglio – ha il dovere di sottolineare 2 importanti aspetti legati ai problemi segnalati dalla giornalista. Senza le precisazioni che seguono il lettore può avere soltanto una visione distorta della tematica coinvolta.
Il primo aspetto riguarda la tipologia della diagnostica anatomo-patologica, si tratta di un atto medico complesso a cui partecipa sia personale tecnico sia il medico patologo: per le piccole biopsie al personale tecnico è affidato il compito di allestire il vetrino in modo prevalentemente manuale e solo parzialmente automatizzato; al patologo spetta il compito di esaminare al microscopio il vetrino e formulare la diagnosi. Nel caso specifico della agobiopsia prostatica a fronte di casi in cui la biopsia risulta di facile interpretazione per la presenza di ghiandole neoplastiche diffuse in tutto il frammento prelevato, vi sono altri casi nei quali solo alcune ghiandole sono neoplastiche , cosiddetto microfocolaio, mentre tutte le altre ghiandole presenti nella biopsia sono normali. Ciò può accadere se l’ago non ha prelevato tessuto dalla zona maggiormente interessata dalla neoplasia. Sono questi i casi di difficile interpretazione anche per un patologo esperto. Nella letteratura scientifica internazionale la percentuale di errore (valutata in “second opinion”) si attesta intorno all’ 1,2% (Brimo-Epstein, J Urol 2010). Nelle neoplasie definite “ad alto grado di malignità” metastatiche un ritardo nella diagnosi bioptica di alcuni mesi non sembra comportare un sostanziale cambiamento della evoluzione della malattia (si veda Epstein AJSP 2001).
Lo scambio di informazioni cliniche dall’urologo al patologo e viceversa, in particolare nell’ambito delle riunioni anatomo-cliniche inserite nei PDTA (percorsi diagnostico terapeutici assistenziali) riduce notevolmente il rischio di diagnosi non corrette o errate.
Il secondo aspetto che il lettore deve conoscere è di tipo organizzativo e strutturale. Nella maggior parte delle Strutture Complesse di Anatomia Patologica Italiana, sia pubbliche sia private, vi è carenza di specialisti in anatomia patologica: non si tratta quindi di un problema che affligge soltanto la Regione Lombardia. I Direttori Generali ed i Direttori Sanitari sono a conoscenza di ciò, ma nel contemperare gli interessi complessivi delle Strutture spesso non ritengono che la carenza di anatomo patologi rappresenti una priorità, ritardando l’espletamento dei concorsi.
La Siapec-IAP – Associazione scientifica che raggruppa la maggior parte degli anatomo patologi italiani – con uno studio svolto in collaborazione con l’Università Bocconi, ha da anni accertato che ciascun patologo possa effettuare circa 2.500 diagnosi istologiche e citologiche all’anno. Tale parametro può variare in relazione alla tipologia di casistica clinica più o meno complessa, presente nella Azienda Sanitaria ed alla esperienza dei singoli patologi presenti in servizio. Tali “carichi di lavoro” per patologo, sono ampiamente superati quando vi è mancanza di personale medico specialista in anatomia patologica: tale criticità comporta inevitabilmente che i casi da diagnosticare al microscopio si accumulino, come nel caso riferito negli articoli dei giorni scorsi.
La Società Italiana di Anatomia Patologica è come sempre disponibile a fornire il suo contributo di conoscenza ed esperienza in questo caso all’Assessorato della Salute della Regione Lombardia, come ha già fatto a livello Ministeriale, di AGENAS e di AIFA.
Il Direttivo Siapec-IAP
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